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Ettore Petrolini e Dario Fo sono due dei principali protagonisti del teatro italiano del Novecento. Entrambi attori ma anche autori del proprio repertorio, secondo una tradizione nazionale che risale ai giullari medievali ed ai comici dell'Arte in Età Moderna. Proprio la centralità dell'autore-attore, magari di estrazione popolare o dialettale, rende unico il teatro italiano novecentesco rispetto al contesto europeo dove, invece, si affermano la figura del drammaturgo di professione e del regista. Quella di Petrolini e Fo è una "drammaturgia d'attore" che si definisce attraverso la pratica del palcoscenico, per cui il testo scritto si rinnova di continuo - di replica in replica - per mezzo di improvvisazioni a soggetto che spettacolarizzano qualsiasi "incidente" si produca durante la rappresentazione (senza dimenticare i rimaneggiamenti testuali dovuti al sopravanzare della cronaca durante la tournée, oppure in caso di riprese successive). Così, il pubblico in sala non è un voyeur che assiste a un evento alla ribalta, ma diviene interlocutore compartecipe di un discorso scenico che si carica di intenzioni satirico-parodiche in Petrolini, o socio-politiche in Fo. Postfazione di Paolo Puppa.